- 11Luglio
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Missione in Sierra Leone, tra i sopravvisuti ad Ebola e determinanti di salute
Luca Scali*, medico che collabora con il Centro di Salute Globale e appena rientrato da una missione in Sierra Leone con Medici con l’Africa Cuamm, ci offre alcune riflessioni e racconti da un punto di osservazione privilegiato.
L’epidemia di Ebola ha messo in ginocchio nel 2014 la Sierra Leone. Superata la fase di emergenza, il lavoro degli operatori del Cuamm a Pujehun, nel sud del Paese, continua per ripristinare i servizi sanitari offerti prima dell’arrivo di Ebola, in particolare migliorando l’accesso ai servizi sanitari ostetrici, neonatali e pediatrici di qualità.
Le aspettative sono positive, considerando che l’epidemia nel 2014 non ha significativamente inciso nella fruizione dei servizi materno infantili nell’ospedale di Pujehun, come invece è avvenuto in altri ospedali del Paese. Questo grazie alla massiccia campagna di sensibilizzazione comunitaria, alla fiducia che la popolazione ha dimostrato nei confronti dell’ospedale e alle misure protettive adottate (FONTE CUAMM).
Nella giornata mondiale della donazione del sangue, dove a Pujehun si teneva un importante meeting, Luca Scali ha incontrato uno dei pochi sopravvissuti fra i contagiati da Ebola nel distretto di Pujehun. Si tratta dell’autista dell’ambulanza che si contaminò con il virus trasportando un malato all’ospedale e si ammalò di Ebola lui stesso poco dopo. Fortunatamente è guarito. L’autista racconta che è stata dura, ma al momento non ha riportato nessuna conseguenza nel suo stato di salute.
La foto quindi è stata scattata in un’occasione pubblica. Un gesto che sottende una testimonianza contro lo stigma e l’isolamento che affligge le persone che sono sopravvissute alla malattia, che vengono frequentemente escluse dalla vita sociale e lavorativa per paura che ancora possano diffondere il contagio.
In tutta la nazione sono in atto delle campagne per diffondere questo messaggio, in particolar modo per far riaccettare i bambini guariti a scuola e gli adulti a lavoro.
FONTE FOTO: www.restlessdevelopment.org
Alcune considerazioni di LUCA SCALI dal report di missione.
….Le condizioni generali di salute della popolazione nel distretto di Pujehun non sono sicuramente buone. In questo contesto si capisce in maniera chiara l’importanza dei determinanti sociali di salute nella popolazione e l’effetto di non avere avuto nessuna istruzione (quasi nessuno sa leggere e scrivere) di non avere acqua pulita, poco da mangiare, pochi soldi, nessun lavoro, ecc. è immediatamente visibile nelle conseguenze di scarsa salute della popolazione. Quello che colpisce, in particolar modo, è una certa passività e rassegnazione, ad esempio, di fronte ad un bambino grave o ad una madre che muore a domicilio…. e qui la cultura influisce molto. Credo che fra tutti i ritardi che portano una donna gravida od un bambino a morire, il first delay a livello delle comunità di appartenenza sia di gran lunga quello più importante. Nella comunità il ritardo nel riconoscere la gravità di una situazione e la capacità di prendere una decisione adeguata in tempi ragionevoli, sono fattori determinanti di molte morti materne e di bambini sotto i cinque anni.
Pochi giorni fa, dopo che eravamo stati coinvolti casualmente a Gbondapi in un referral (invio d’urgenza) tardivo di un bambino fortemente anemico per la malaria – che purtroppo è morto in auto mentre cercavamo di arrivare in ospedale – mi sono trovato a discutere con un infermiere di Bandajuma sulle modalità, sui ritardi e sulle spese necessarie per il referral dei bambini in ospedale. Lui stesso mi confermava che quando una famiglia chiede un aiuto economico (anche di lieve entità, ad esempio di 10.000 Leoni) a parenti, amici e/o persone del villaggio, per trasportare un bambino grave in ospedale, nessuno mette a disposizione le risorse economiche necessarie. Dopo la morte del bambino, invece, volontariamente molti metteranno a disposizione quote importanti di soldi (anche 100.000 -150.000 Leoni cadauno) per l’organizzazione della cerimonia funebre tradizionale. E’ come se paradossalmente ci fosse un forte interesse per la cerimonia funebre ed uno scarso interesse invece, a salvare la vita del bambino. Questa è forse una lettura eccessivamente superficiale dei dati di fatto, ma le tradizioni, le credenze, la cultura e nuovamente il livello socio economico influenzano fortemente queste scelte.
A Gbondapi abbiamo inaugurato la Maternity Waiting Home (MWH), una struttura che serve per accogliere 10-15 giorni prima del parto le donne che provengono da zone molto povere economicamente e difficili da raggiungere a causa della presenza di paludi e fiumi. In questa zona è quasi impossibile organizzare un referral tempestivo per una emergenza ostetrica. Dopo due settimane dall’apertura, nonostante che l’ammissione presso la MWH sia gratuita e che il Cuamm si faccia carico anche di tutte le spese di trasporto (verso la MWH e per il ritorno a casa) e renda disponibile un contributo per il sostentamento alimentare durante il soggiorno, pochissime gravide sono arrivate). A Bandajuma, dove il Cuamm non ha contribuito in nessun modo all’avvio della MWH ed al supporto economico per le spese alimentari e di trasporto, sono già state ammesse presso la MWH circa 35 donne dall’inizio dell’anno. La zona è una zona diversa più vicina alle vie di comunicazione e per l’ennesima volta mi trovo a sostenere che i fattori socio economici, l’isolamento, la scolarità, l’educazione, influenzano pesantemente le scelte in tema di salute specialmente nelle donne.
La strategia di Medici con l’Africa, Cuamm.
Nel distretto di Pujehun, dove il Cuamm opera, sono state a suo tempo adottate misure per il contenimento del virus Ebola e per garantire il funzionamento dei servizi sanitari di base, che hanno permesso di non avere un impatto eccessivamente negativo sulla salute della popolazione, in particolare di mamme e bambini.
Leggi la descrizione delle strategie adottate sulla rivista Salute e Sviluppo 72/Novembre 2015 / Medici con l’Africa Cuamm.
*Luca Scali – Medico, specialista di Epidemiologia e Sanità Pubblica. Ha coordinato ed ha lavorato in numerosi progetti di cooperazione sanitaria in Africa e nell’area Balcanica per conto di ONG italiane ed internazionali, WHO ed altre agenzie UN. Per il CSG si occupa dell’area cooperazione sanitaria internazionale e delle attività di formazione.